“Purchasing Must Become Supply Management” intitolava il famoso contributo di Peter Kraljic alla gestione strategica degli acquisti. Uscito su HBR nel 1983 rappresenta una linea netta di demarcazione tra la gestione degli acquisti “giorno per giorno” e quella organizzata e manageriale.
Fu la crisi degli anni ’70 a stimolare le riflessioni e a indurre all’evoluzione della funzione acquisti, sulla spinta dell’improvvisa presa di coscienza di quanto fosse complesso gestire la catena di fornitura, elemento che proprio la crisi aveva messo in luce. Globalizzazione, incertezza economica, obsolescenza tecnologica, disastri ambientali, esigenze dei consumatori, interdipendenza tra società, sono solo alcuni dei fattori di complessità di cui tutti avevano dovuto, loro malgrado, prendere atto.
Da allora molta strada è stata fatta; ma se ci riferiamo alle aziende che hanno assegnato alla funzione acquisti un vero e proprio ruolo strategico, che hanno trasformato la funzione da “male necessario” a “fonte di valore” (e non solo in termini di margini e liquidità), in grado di anticipare i problemi, impattando positivamente sul posizionamento e sulla continuità aziendale, il cammino è ancora lungo.
Come approcciare, dunque, il rovesciamento di paradigma che porti la funzione acquisti a passare da “gestore di spesa” a “funzione proattiva, strategica, orientata ai processi”, misurabile, misurata e quindi continuamente migliorabile?
Il primo step è senza dubbio quello della conoscenza, quello, cioè, che imposta processi volti a “presidiare la Supply Chain oggettivizzando i rischi, valutando la probabilità che un certo evento accada, evidenziando le opportunità e assegnando le priorità in termini di azione”.
Qual è la probabilità che un fornitore, magari importante, smetta improvvisamente di consegnare senza che nessuno in azienda ne abbia avuto alcun minimo segnale? E che impatto avrebbe tale evento sulla produzione, sulle spedizioni ai clienti e sui margini? Sarebbe una catastrofe o l’impatto sarebbe sostenibile?
La probabilità può essere legata a un rischio finanziario del fornitore, elemento non sempre valutabile dagli operatori della funzione acquisti, ma facilmente controllabile e presidiabile attraverso la lettura dei principali kpi di bilancio e dei rating.
Il fornitore potrebbe subire interruzioni della produzione legate a eventi naturali disastrosi, come terremoti o inondazioni; il rischio può essere geopolitico o più semplicemente operativo, dovuto a un guasto agli impianti o alla carenza di manodopera.
Quale che sia la fonte di rischio, l’incrocio tra la probabilità che il rischio si verifichi e le sue conseguenze (costo del rischio) determinano le priorità in termine di azione. I fornitori ad alto rischio che generassero alti costi in termini di impatto del rischio sarebbero, secondo questo approccio, i primi da mettere sotto controllo, con interventi mirati di riduzione dell’esposizione.
Se la comprensione del metodo è intuitiva, la sua implementazione, in realtà, richiede know-how e molta esperienza. Questa è la nostra specializzazione. In Infomanager supportiamo le aziende nella progettazione e implementazione di sistemi di mappatura e gestione del rischio nella Supply Chain da oltre 20 anni. Abbiamo affiancato decine di aziende nella classificazione e valutazione dei fornitori, lasciando in azienda competenze e metodi utilizzabili in autonomia.
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